No, tu non puoi!
Denunciare violenze, curarti, cercare lavoro…
Sì, anche questo articolo inizia con una constatazione amara e arrabbiata.
Ma se non ci fossero problemi di discriminazione, non esisterebbe la Rassegna Antiabilista.
E il giorno in cui non esisterà più saremo lɜ primɜ ad esultare…
Ma non è questo il giorno! ⚔️
Oggi -e per ancora un po’ di tempo- combattiamo perché tuttɜ possano avere i diritti di base.
Perché in Italia, se sei una persona sorda, resti indietro.
Ne parliamo con Marta Fusaro e Valentina Bonacci, le ospiti di questa Rassegna Antiabilista.
Entrambe sono (persone socializzare come) donne sorde, e in questo contesto non è un dettaglio trascurabile: essere donne e disabili, in Italia, significa ancora di più non avere accesso a servizi e diritti basilari.
Questa volta suddividiamo le risposte dell’intervista di Grazia in tre sezioni, perché vogliamo sia chiaro cosa intendiamo con “servizi e diritti di base”: sanità, giustizia, lavoro.
Sanità
Marta è una persona oralista segnante, ovvero ha un impianto cocleare e comunica sia parlando, sia utilizzando la lingua dei segni (LIS).
Quindi tutto bene, sente perfettamente, è autonoma, non ha bisogno di aiuto!
Eh, no.
Quando ha avuto bisogno di una visita ginecologica, mancavano completamente gli strumenti adeguati. Il ginecologo, fortunatamente e contrariamente ad altre visite che ha dovuto affrontare, era gentile: comprendendo le difficoltà di Marta, si è organizzato per darle modo di leggere il labiale durante la visita.
Ma non ci si può affidare a gentilezza e fortuna.
Anche perché esistono almeno due strumenti di cui può avvalersi il sistema sanitario per essere accessibile anche alle persone sorde:
- VISIT: un portale pensato apposta per la comunicazione tra personale medico e pazienti sordi… Spesso assente, perché manca il tablet.
- Interprete LIS:… Sempre Soprattutto se, come nel caso di Marta, non si viene riconosciute come persone sorde, come se l’impianto cocleare fosse una bacchetta magica.
Valentina aggiunge che, anche per persone riconosciute come sorde e che hanno diritto all’interprete, le cose non vanno meglio.
“Alcuni ospedali nel Veneto hanno una convenzione con un ente che offre servizi di interpretariato.
Alcuni ospedali offrono un servizio a distanza con un servizio di interpretariato a distanza, ma non sono d’accordo con questa modalità.
Pensate di avere bisogno di una visita ginecologica o dermatologica, se ho qualcosa sul sedere deve vedermelo pure l’interprete dalla telecamera?!
Dovrebbe essere offerto un servizio misto a seconda delle necessità.
E dovrebbe essere lo stesso interprete ogni volta!”.
Senza contare le possibili difficoltà di connessione: se già una visita può essere faticosa per mille motivi, così si aggiungono solo altri carichi, pratici ed emotivi.
Anche il trasporto in ambulanza e la comunicazione con il primo soccorso è problematica, non essendo il personale formato e con competenze, almeno di base, della lingua dei segni.
Giustizia
Ma tra un DL e l’atro per creare il nostro merdaviglioso Stato di Polizia, ce l’avranno fatta i nostri eroi a rendere almeno possibile esporre denuncia per le persone sorde?
… Ma che ve lo dico a fare…
Valentina racconta uno scenario di incomunicabilità che Kafka scansate proprio.
L’accessibilità dei Centri Anti Violenza (CAV) è così fatta:
- Puoi mandare una mail, è facile! Mh… Forse non è proprio facilissimo descrivere via mail i dettagli delle violenze subite. Chi scrive potrebbe bloccarsi e finire per non ricevere l’aiuto di cui ha bisogno per raccontare e vedere accolta tutta la sofferenza e la paura che queste situazioni si portano dietro.
- Fatti aiutare da una persona amica o parente. Alla faccia della privacy eh. Senza contare che non è detto che si abbia questa rete di supporto.
Eppure, la violenza sulle donne disabili è anche violenza di genere.
Lavoro
Grazia: Se una donna sorda cerca lavoro a Padova cosa fa?
Esistono aziende accessibili o la disabilità resta una barriera per l’indipendenza economia?
… La indovino con una!
I centri per l’impiego non prevedono nessuna forma di accessibilità, se non suggerire di portare un parente: anche qui, niente privacy, e niente autonomia.
Oppure ti chiedono di scrivere su dei foglietti di carta.
Forse in pochi sanno che la LIS si chiama LINGUA dei segni proprio perché è una lingua a tutti gli effetti, e non sempre tradurre è semplice e immediato per persone sorde segnanti.
Insomma, una persona sorda non ha diritto a valorizzare le proprie conoscenze e competenze, non ha diritto a un lavoro.
Ed ecco che restano due strade: emigrare o creare la propria azienda… Come sempre, chi ha il privilegio di poterlo fare.
E la Legge 68/99?
Valentina ci spiega che “dentro questa legge ci sono persone sorde, cieche, orfane, che hanno avuto un tumore, persone che hanno fatto la guerra e partecipano tutte allo stesso concorso”.
Non c’è equità in calderoni senza senso, non c’è attenzione alla specificità della singola situazione e disabilità.
Creare una categoria a parte per persone sorde, questo sarebbe davvero accessibile.
Ma finché nei vari Ministeri ci lavorano persone abili che niente sanno di disabilità…
… E L’ATTIVISMO FEMMINISTA INTERSEZIONALE?
Eh, diciamo che pure l’attivismo femminista intersezionale, sembra un po’ poco intersezionale.
Certo, lɜ interpreti costano.
Ma i sottotitoli durante le proiezioni nei centri sociali?
E chiedere alle persone sorde attiviste quali possono essere i loro bisogni, parlare, organizzarsi INSIEME, anche questo è costo?
La verità è che anche chi è femminista può avere pensieri e condotte abiliste.
Anche chi scrive può, perché siamo nate in una cultura abilista.
Quello che non possiamo permetterci, è fermarci.
Non possiamo smettere di decostruirci, non possiamo sentirci arrvatɜ, non possiamo permetterci di non riconoscere e picconare l’abilismo a cui siamo abituatɜ e che rende la lotta estremamente esclusiva ed escludente.
Se il femminismo è intersezionale, non può non riconoscere l’abilismo come un problema da risolvere, un problema sistemico e che condiziona profondamente la (qualità della) vita delle persone disabili.
Vi lasciamo all’intervista completa sulla nostra pagina… L’ultima Rassegna Antiabilista di quest’anno!
E ci teniamo a concludere riportando anche qui le parole del nostro ultimo post (link esterno): perché questo non è un punto. È un punto di inizio.